Divieto Detenzione armi, munizioni e materiali esplodenti e revoca della licenza di porto di fucile uso caccia per una querela infondata e pretestuosa.

Una significativa sentenza amministrativa di appello ha rimesso le cose a posto, questa sentenza rende giustizia di una persona titolare di licenza di porto di fucile uso caccia che si è visto revocare la licenza ed ingiungere un divieto detenzione armi, a causa di una querela pretestuosa di una persona. Già in sede penale la querela era stata archiviata. Il Consiglio di Stato Con la sentenza del 28 febbraio 2025 n. 01731 ha annullato la sentenza di primo grado del TAR che aveva respinto il ricorso dell’interessato.

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L’interessato ha impugnato dinanzi al Tar ( Tribunale Amministrativo Regionale) il provvedimento del Questore di revoca della licenza di porto di fucile ad uso caccia e il decreto del Prefetto con il quale gli è stato ingiunto il divieto di detenzione di armi e munizioni.

 I provvedimenti impugnati sono stati adottati sulla base di una segnalazione del Comando Stazione Carabinieri che hanno riferito di un intervento a seguito della denuncia di una persona che dichiarava di essere stata minacciata dal ricorrente con una pistola.

A seguito di formale denuncia-querela per minaccia aggravata, i carabinieri provvedevano poi al ritiro delle altre armi detenute presso l’abitazione e della licenza di porto di fucile ad uso caccia.

Il relativo procedimento penale è stato tuttavia archiviato dal Gip su richiesta del Pubblico Ministero.

L’interessato ha fato ricorso al TAR e il Tar,  ha respinto il ricorso, condannando il ricorrente alle spese di giudizio.

Secondo lo stesso Tribunale di primo grado, l’Autorità di pubblica sicurezza ha un’ampia discrezionalità in materia di licenze di porto d’armi, sindacabile solo per eventuali profili di irragionevolezza e illogicità manifesta. Stante poi la natura cautelativa del giudizio rimesso all’Amministrazione, nel caso di specie, non sarebbe emerso un difetto di istruttoria.

Quanto alla lamentata violazione delle garanzie procedimentali, il Tar ha rilevato come relativamente ai provvedimenti di natura precauzionale fosse giustificata l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento.

Contro la suddetta decisione l’interessato è insorto e ha  proposto appello al Consiglio di Stato, sostenendo l’erroneità della sentenza del TAR che non avrebbe considerato l’evidente inadeguatezza dell’istruttoria e il conseguente difetto di motivazione degli atti impugnati, nonché la mancanza dell’avviso di avvio del procedimento.

Inoltre, il Tar avrebbe ritenuto irrilevante l’esito del procedimento penale (archiviazione) a cui è stato sottoposto l’appellante, procedimento originato dalla denuncia che aveva costituito l’unico presupposto dei provvedimenti inibitori adottati.

La denunzia era peraltro stata presentata per ritorsione per problematiche inerenti il mancato pagamento dell’affitto nei confronti di un prossimo congiunto del ricorrente, proprietario dell’immobile, dato in affitto alla persona che aveva fatto la querela per minacce.

I provvedimenti impugnati sono stati adottati sulla base di fatti denunciati da auna persona. Tuttavia, già nel corso del giudizio di primo grado, l’appellante aveva indicato come le circostanze rilevate dai carabinieri fossero il frutto di un atteggiamento di scontro con il denunciante derivante dalle richieste del suo familiare di ottenere il pagamento dei canoni di fitto in relazione ad un immobile che era stato concesso in locazione alla stessa persona querelante.

Del resto era pendente uno sfratto per morosità nei confronti del querelante.

Il procedimento penale scaturito della denuncia, si è era poi concluso con l’archiviazione già in sede di indagini preliminari, come da decreto del GIP su conforme richiesta del Pubblico Ministero.

In sostanza, è stato accertato che le accuse mosse nei confronti dell’appellante si sono rivelate del tutto inconsistenti e pretestuose.

Secondo il Consiglio di Stato,  la sentenza impugnata del TAR appare perciò carente sul piano della effettiva considerazione delle stesse, attribuendo valore assorbente alla natura prognostica e cautelativa del giudizio rimesso all’Autorità di pubblica sicurezza.

Nel caso in esame i provvedimenti impugnati appaiono conseguenti ad una situazione di apparente rivalsa che invece andava valutata dall’Amministrazione ai fini delle conseguenti e motivate determinazioni.

CONCLUSIONE

Per queste ragioni, l’appello è stato accolto e, per l’effetto, accolto il ricorso di primo grado, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, sotto il profilo della carenza di motivazione dei provvedimenti impugnati. Le spese del doppio grado di giudizio sono state compensate.

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